Sismografo orizzontale Galitzin - 1905


* La bibliografia non intende essere esaustiva, ma contiene tutti i riferimenti bibliografici associati a questo strumento nella banca dati di TROMOS.





Nei primi anni del secolo il Principe russo Boris Galitzin, responsabile della stazione sismologica di Pulkowa, studiò e costruì una coppia di strumenti a registrazione galvanometrica e smorzamento magnetico. Un gruppo completo di apparecchi di questo tipo comprendeva due identici pendoli per i movimenti orizzontali ed un apparato a molla a spirale per i moti verticali.

La progettazione degli strumenti di Galitzin avvenne in periodo particolarmente felice della sismometria: i primi anni del Novecento. Sono gli anni in cui Emil Wiechert progettò e fece realizzare prototipi dei suoi strumenti aperiodici verticali e orizzontali con smorzamento ad aria.

I sismografi di Galitzin introdussero tre importanti innovazioni che non mancarono di suscitare pareri discordi fra i progettisti e gli utilizzatori degli strumenti sismici: la trasduzione elettromagnetica del movimento sismico, la registrazione galvanometrica su carta fotografica, lo smorzamento elettromagnetico con conseguente aperiodicità del sensore.

Il sistema di registrazione, non facendo uso di leve amplificatrici nè di penne scriventi, ovviava così agli inconvenienti di attrito ed inerzia dei registratori meccanici, mentre lo smorzamento magnetico impediva agli apparati pendolari di entrare in oscillazione propria, movimento che, sovrapponendosi a quello del sisma, ne rendeva "monocromatica", e quindi inesatta, la registrazione.

Sia la registrazione fotografica sia l'astatizzazione non erano delle novità assolute negli strumenti sismici. La prima era già stata applicata da Von Rebeur-Paschwitz già almeno dal 1889, anno in cui, con uno strumento di sua progettazione, registrò il primo telesisma a Potsdam.

L'astatizzazione e lo smorzamento erano già stati introdotti nel 1903 da Emil Wiechert. L'applicazione ad un unico strumento di queste caratteristiche resero gli strumenti di Galitzin di particolare interesse e ne favorirono una certa diffusione.

Le difficoltà di mantenimento dello strumento ed il costo elevato ne scoraggiarono l'adozione in Italia. Nel nostro paese il sismografo di Galitzin venne introdotto da Guido Alfani, direttore dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze, che nel 1925 fece costruire una serie completa composta da due sismografi per le componenti orizzontali e da uno per la componente verticale. Questo strumento fu successivamente installato ad opera dell'Istituto Nazionale di Geofisica in almeno altri 5 esemplari costruiti nelle officine dell'ING. La maggior parte di tali strumenti hanno funzionato fino alla seconda metà degli anni '70.

Gli strumenti di Galitzin si rivelarono particolarmente sensibili per l'epoca, ma le difficoltà di manutenzione ed il relativo costo elevato non ne favorirono l'immediata diffusione soprattutto nel nostro paese.

La registrazione su carta fotografica consentiva elevate amplificazioni essendo gli attriti pressocchè nulli, mentre la registrazione su carta affumicata presentava i vantaggi di più modesti costi dei materiali, una lettura e interpretazione "in tempo reale" (la carta fotografica richiedeva lo sviluppo per rilevare la presenza di segnali sismici) e la possibiltà di riutilizzare le carte usate prive di qualsiasi segnale sismico.

In Italia, Guido Alfani aggirò gli ostacoli di tipo economico costruendo egli stesso gli strumenti a registrazione galvanometrica seguendo le descrizioni pubblicate dallo scienziato russo. Il gruppo degli strumenti Galitzin venne realizzato ed installato all'Osservatorio Ximeniano di Firenze nei primi mesi del 1925 con ottimi risultati e lo stesso Alfani ne redasse una accurata descrizione che apparve l'anno successivo nel periodico dell'osservatorio (Alfani G.).

Ognuno dei due apparecchi per le componenti orizzontali aveva una base di ferro, munita di 3 viti di livello, di cui due servivano a mettere in piano lo strumento, mentre mediante la terza poteva variarsi il periodo pendolare. Dal basamento si elevavano due montanti rigidi verticali e paralleli, collegati da tre traverse orizzontali, una superiore, una inferiore ed una intermedia. Al morsetto della traversa superiore ed al morsetto di quella inferiore erano collegati i fili di acciaio che formavano l'asse di rotazione del pendolo collegandosi agli occhielli scorrevoli serrati al braccio pendolare. Un terzo occhiello portava inferiormente una piccola squadra di acciaio coincidente con l'asse di rotazione; una vite a punta attraversava la traversa intermedia fino a sfiorare la superficie di acciaio impedendo al pendolo di assumere oscillazioni longitudinali, cioè nel senso della lunghezza del suo braccio.

Quest'ultimo aveva una lunghezza totale di 87 centimetri e portava una massa composta da due elementi circolari identici del peso complessivo di 7 chilogrammi, fissati simmetricamente all'asta, ma in modo da avere il baricentro inferiormente ad essa. Il tratto del braccio tra il capo e la massa era costituito da una barra di ottone a sezione circolare, mentre la porzione di maggiore lunghezza tra la massa ed il capo risultava leggerissima e rigida al contempo essendo formata da un tubo di sezione quadrata dello stesso materiale.

In prossimità del capo pendolare veniva a trovarsi il sistema elettro-magnetico che serviva alla registrazione dei movimenti ed allo smorzamento delle oscillazioni proprie dello strumento. Ad una colonna, mediante due anelli regolabili con viti di pressione, erano fissate due coppie di magneti. Questi, a forma di ferro di cavallo, erano composti da sette lamine strette in morse ed erano fissati in modo da affacciare i poli opposti tra i quali si insinuava l'asta del pendolo. I magneti di ogni coppia potevano venire convenientemente avvicinati od allontanati facendo ruotare la madrevite, mentre la vite in essa imperniata veniva bloccata per impedire il movimento di rotazione dei magneti stessi.

Le due calamite servivano alla registrazione galvanometrica dei movimenti del pendolo che a tal scopo portava, in esatta corrispondenza di essi, una cassettina rettangolare di lieve spessore contenente quattro bobine di 200 spire ciascuna, collegate in serie tra loro e con una resistenza totale di circa 18 ohm. Gli estremi delle due bobine esterne facevano capo, mediante due sottili fili di rame, ad un sensibilissimo galvanometro che segnalava la corrente che per induzione elettro-magnetica attraversava le bobine. Ad ogni più piccola oscillazione del pendolo, e perciò della cassettina, variava l'intensità di corrente proporzionalmente alla deflessione dal punto di riposo ed il quadro del galvanometro, costituito da uno specchietto, si spostava a destra o a sinistra. La registrazione dello spostamento avveniva otticamente mediante un raggio di luce che, riflesso dallo specchietto, andava ad impressionare una striscia di carta fotografica in rotazione su di un rullo.

Le due calamite servivano invece allo smorzamento delle eventuali oscillazioni proprie del pendolo. Una sottile lastra di rame, solidale all'asta del pendolo, veniva a trovarsi tra i due magneti ed in essa erano indotte delle correnti di Foucault che ne ostacolavano il movimento, frenando così i movimenti pendolari e rendendo aperiodico lo strumento. Il pendolo risultava completamente libero in stato di quiete, mentre la forza smorzante aumentava proporzionalmente con la velocità di oscillazione, ottenendo così uno smorzamento variabile tra zero ed il massimo a seconda del caso (Alfani G.).



L'apparecchio per la componente verticale aveva un basamento di ferro dal quale si innalzavano due robusti sostegni verticali collegati in alto da una traversa orizzontale, il cui foro centrale accoglieva un'asta filettata di acciaio che poteva venire alzata od abbassata per mezzo della relativa madrevite. All'asta era agganciata la molla che costituiva la parte oscillante dello strumento; era questa una spirale di filo di acciaio temprato del diametro di 6,5 millimetri, avvolto a spire serrate con diametro esterno di 108 millimetri. L'estremità inferiore della molla era collegata al piano del doppio telaio mobile che portava la massa cilindrica scorrevole lungo la guida e fissata mediante le viti di pressione. La connessione della spirale con l'asta superiore ed il piano inferiore non avveniva direttamente, ma mediante l'interposizione di due robuste molle piane, ciò si rendeva necessaria per eliminare gli attriti che avrebbero reso lo strumento assolutamente rigido. L'asse di rotazione del robusto telaio era costituito da due sottili molle piane fissate alla sommità del supporto laterale. Al capo opposto il telaio si insinuava fra due viti che ne limitavano l'ampiezza delle oscillazioni, quindi si prolungava in un braccio destinato a sostenere la cassettina contenente le bobine e la lastra di rame. I sistemi di registrazione e di smorzamento erano analoghi a quelli degli strumenti per i movimenti orizzontali, con la differenza che, essendo in questo caso verticali gli spostamenti, i magneti dovevano essere disposti orizzontalmente, inoltre le calamite frenanti erano quattro e la lastra di rame aveva dimensioni doppie, essendo necessaria una maggiore intensità delle correnti di Foucault per smorzare il moto oscillatorio del sistema (Alfani G.).

Bibliografia

Alfani G.
L'Osservatorio Ximeniano e il suo materiale scientifico, gli strumenti a registrazione galvanometrica Galitzin, in "Pubblicazioni dell'Osservatorio Ximeniano dei Padri Scolopi", n.134, pp.4-40.
Firenze 1926

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Ricognizione, catalogazione e restauro degli strumenti dell'Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone (Roma) 1993-94.

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(Last update on: 26/04/00)