Tremitoscopio Palmieri-de Rossi - 1883


* La bibliografia non intende essere esaustiva, ma contiene tutti i riferimenti bibliografici associati a questo strumento nella banca dati di TROMOS.





Negli ultimi decenni del secolo scorso grande fu l'interesse dei sismologi italiani per le minime vibrazioni della crosta terrestre, il cui studio diede origine ad un vivace dibattito scientifico.

Michele Stefano de Rossi, entusiasta sostenitore della teoria pneumodinamica dei moti microsismici elaborata dal padre barnabita Timoteo Bertelli, fu tra i primi studiosi in Italia a ragionare della distinzione da farsi tra le scosse propriamente dette dai tremiti del suolo. Nel 1883 l'eclettico cultore dei fenomeni endogeni prese in esame, sulle pagine del suo Bullettino del Vulcanismo Italiano, la strumentazione atta a rilevare lo stato vibratorio del terreno, messa a punto da alcuni colleghi. Tra le caratteristiche essenziali degli strumenti di questa classe vi era quella di non dover essere rimontati dopo ogni segnalazione, così da non perdere mai la loro attitudine a funzionare per l'innesco di un meccanismo a scatto. Gli apparecchi erano perciò oggetto di osservazione oculare diretta, oppure collegati a registratori automatici e continui. Dovranno inoltre i tremitoscopi, tremitometri e tremitografi esser mai sempre congegni atti a muoversi sotto l'impulso di urti rapidi non già per impulsi lenti. Di seguito e queste considerazioni De Rossi, quale Direttore dell'Osservatorio ed Archivio Centrale Geodinamico presso il Comitato Geologico al quale il servizio di rilevamento endodinamico nazionale faceva capo, propose un apparecchio di dimensioni contenute che riuniva diversi dispositivi opportuni a rilevare le vibrazioni celeri del suolo. Il congegno da me immaginato permette anche una valutazione numerica nelle osservazioni dirette ed una registrazione automatica dei massimi movimenti; lo che rende questo strumento anche registratore e capace talvolta di compiere le funzioni di avvisatore sismico (De Rossi M. S.).

Un piano di pietra costituiva la base dello strumento ed era sormontato da un piccolo telaio metallico col lato superiore forgiato in modo da sostenere i tre tubi di cristallo che custodivano i sensori.

Il tubo centrale conteneva un pendolo di 25 centimetri di lunghezza, avente cioè un periodo oscillatorio di 25/100 di secondo, con una massa di 100 grammi inferiormente alla quale era fissato un ago. Il basamento di pietra presentava, in corrispondenza del pendolo, una piccola cavità ripiena di mercurio. Sulla superficie di questo era posto un galleggiante di osso con un ago verticale, denominato da De Rossi Tremitoscopio galleggiante a mercurio, la cui punta veniva fatta coincidere con quella della massa soprastante. Le due estremità entravano nel campo visivo di un microscopio girevole col quale si potevano apprezzare sia le oscillazioni del pendolo che i tremiti dell'albero del galleggiante, trasmessigli dall'increspamento della superficie del liquido; il micrometro esistente nell'oculare del microscopio permetteva la valutazione numerica degli spostamenti. Attorno alla cavità era collocato un piccolo cerchio metallico al quale erano fissate quattro lamine verticali che salivano a lambire la massa pendolare, regolate dalle rispettive viti di rettifica. Nel massimo delle oscillazioni il pendolo veniva a contatto con le asticelle e la chiusura di un circuito elettrico poteva essere segnalata da uno strumento registratore o avvisatore.

La custodia di cristallo alla destra del basamento racchiudeva una Asta vibrante del tipo di quella già utilizzata dal Palmieri. Era questa costituita da un filo verticale di acciaio fissato alla pietra e gravato in alto da un pesetto che, in virtù della sua posizione elevata, rendeva il pendolo rovescio sensibilissimo ad ogni più piccola vibrazione. La piccola massa assumeva in alto la forma di cono, la cui punta penetrava nella cavità di una sferetta superiormente sospesa ad un pendolo di 6 centimetri di lunghezza. I minimi movimenti del sistema erano osservati mediante due lenti d'ingrandimento contafili sistemate a giusta distanza all'esterno della custodia. Anche in questo caso i moti estremi dei due pendoli provocavano il contatto tra le due sfere e la chiusura di un circuito elettrico, come nel caso precedente.

Il tubo di sinistra serviva di protezione ad una sottile spirale cui era sospeso un peso metallico. Il basamento di pietra presentava, come per il pendolo centrale, una cavità riempita di mercurio e i moti sussultori venivano registrati attraverso il contatto elettrico, come proposto dal Palmieri e già più volte descritto per gli strumenti costruiti dai Brassart. In questo caso particolare però, la custodia di vetro consentiva l'osservazione diretta dei minimi movimenti della spirale anche quando questa non veniva a contatto col mercurio, e ciò per mezzo di una lente contafili come per il sensore ad asta vibrante (De Rossi M. S.).

Nel 1886 Michele Stefano De Rossi, nel compilare l'inventario dei beni mobili dell'Osservatorio ed Archivio Centrale Geodinamico presso il Comitato Geologico di Via S.Susanna a Roma, registrò tra il materiale scientifico l'esistenza di un tremitoscopio Palmieri-De Rossi. Possiamo supporre che fosse lo stesso apparecchio oggi conservato all'Ufficio Centrale di Ecologia Agraria e proveniente dall'Osservatorio Geodinamico di Rocca di Papa. Lo studioso romano, infatti, trasferì gran parte della strumentazione installata nei locali del Comitato Geologico nel nuovo osservatorio costruito sui colli laziali nel 1889.

Lo strumento in nostro possesso differisce dal prototipo descritto dal De Rossi nel 1883 per quel che ruguarda il contenitore esterno. I sensori sono infatti collocati in una cassettina di legno con le pareti anteriore e posteriore di vetro per consentire l'osservazione. Alla faccia lignea superiore è fissata una maniglia metallica che ne rendeva agevole il trasporto.

Lo strumento compare in un inventario del 1886.

Bibliografia

De Rossi M.S.
Apparecchi per l'osservazione dei tremiti del suolo, in "Bullettino del Vulcanismo Italiano", A.X (1883), pp.138-144.
Roma 1883

home

(Last update on: 26/04/00)