Sismoscopio a verghetta Brassart - 1882


* La bibliografia non intende essere esaustiva, ma contiene tutti i riferimenti bibliografici associati a questo strumento nella banca dati di TROMOS.

I fratelli Brassart, meccanici dell'Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma, iniziarono nel 1886 la produzione in serie del sismoscopio a verghetta da loro stessi progettato nel medesimo anno. Lo strumento non fu il frutto di una alzata d'ingegno dei fratelli meccanici romani; lo stesso Ermanno Brassart riconobbe al riguardo di aver tratto ispirazione da una acuta osservazione di John Milne: E' stato spesse volte osservato che degli oggetti leggeri, appoggiati con uno de' suoi lati di maniera che possano cadere solamente verso un lato, cadono più facilmente di quelli posti liberi sopra una base; così delle penne, dei lapis ecc. ecc. posti favorevolmente possono servire come indicatori di scosse (Brassart E., 140134). Abbandonato sul nascere, per la eccessiva sensibilità dell'apparecchio, un primo prototipo che univa quattro avvisatori a verghetta su di un'unica base allo scopo di ottenere indicazioni relative alla direzione del moto orizzontale, la scelta dei meccanici costruttori romani cadde sul sismoscopio semplice, che venne sottoposto immediatamente all'esame della R. Commissione Geodinamica. Per la sua semplicità di complessione e costo contenuto lo strumento fu adottato, su parere conforme del Consiglio Direttivo di Meteorologia e di Geodinamica, in tutte la stazioni sismiche italiane, divenendo così uno dei sismoscopi più diffusi.

La struttura ed il sistema di funzionamento dello strumento erano elementari: una verghetta di ferro alta dodici centimetri (nella illustrazione del Modello 1887 contrassegnata dalla lettera G) veniva bilicata mediante la punta inferiore in un forellino della base di ghisa (B) del sismoscopio. Una sottile lamina metallica, fungente da molla (M), era fissata verticalmente ad una colonnina quadrata di ottone (C) mediante una staffetta (S) offrendo così l'appoggio alla verghetta senza trattenerla. La lamina di sostegno (M) era rettificabile attraverso due viti a pressione che consentivano di regolare la verticalità della verghetta; il meccanismo, essenziale e funzionale, così veniva descritto da Ermanno Brassart: la vite D forma asse di giro per la staffetta con la molla, e le viterelle i i' servono per rettificare la posizione della detta molla nel senso da destra a sinistra o viceversa, di chi guarda di faccia la vite D. La parte superiore della colonna C è traversata da una vite a bottone E la quale premendo contro la molla M, serve per rettificare la posizione della medesima in avanti o indietro (Brassart E., 140134). Il sistema necessitava di operazioni di taratura estremamente semplici: Mediante le due viterelle i i' e la vite D la posizione della molla dev'essere rettificata in modo che la verghetta si trovi quasi verticale, inclinata cioè pochissimo verso la colonna C. Quando la rettifica è fatta passabilmente bene, la verghetta appoggiata cadrà in seguito ad una leggerissima scossa; basta di dare un leggero colpo con la punta del dito sopra o contro la tavola sulla quale è posto l'apparecchio. Il rimettere al posto la verghetta è cosa facilissima (Brassart E., 140134). Al sopravvenire di ogni minima scossa, la verghetta (G) cadeva in avanti appoggiandosi al bordo interno di un anello di ottone (A) che, sostenuto da una colonnina (P), la circondava. Il sostegno (P) dell'anello era isolato dalla base in ghisa dello strumento con l'ausilio dell'ebanite e collegato ad un serrafilo (F), anch'esso isolato, unito ad un capo del circuito elettrico. Un secondo serrafilo (F') fissato direttamente al basamento di ghisa, si connetteva all'altro capo. Nel circuito elettrico, dove potevano essere intercalati o una suoneria o un orologio sismoscopico, si manifestava una soluzione di continuità che veniva colmata dalla caduta della verghetta.

Il nuovo sismoscopio dei Fratelli Brassart fu sottoposto ad una serie di collaudi e confronti con avvisatori prodotti dagli stessi artigiani meccanici; il Direttore dell'Ufficio Centrale di Meteorologia e di Geodinamica Pietro Tacchini condusse le esperienze all'interno dei locali dell'Osservatorio del Collegio Romano. L'intento fu quello di valutare il grado di sensibilità del sismoscopio a verghetta in rapporto agli altri apparecchi; lo strumento venne collocato su di una mensola di marmo sulla quale si lasciavano cadere, da un'altezza di 10 centimetri, pesetti di differente grammatura. Il sismoscopio a verghetta diede sempre avviso dell'urto prodotto dalla caduta dei pesi, attivandosi anche quando vennero utilizzate grammature minime (20 grammi) che lasciarono inerti gli altri avvisatori pur tarati al massimo della sensibilità (Brassart E., 140134).

Bibliografia

Brassart E.
Sismoscopi o avvisatori sismici, in "Annali della Meteorologia Italiana", (1886), parte IV.
Roma 1888

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Due nuovi sismoscopi dei F.lli. Brassart costruttori meccanici dell'Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica.
Roma 1889

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(Last update on: 26/04/00)