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The Catalogue of Strong Italian Earthquakes describes this earthquake sequence under the following heading

Date Time Lat Lon Rel Io Imax Sites Nref Me Rme Location Country
00 00 701-37.58312.833b8.58.5100025.8Selinunte (TP)Italy

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Space-time parameters

The Catalogue of Strong Italian Earthquakes describes this earthquake sequence
(under the following heading:
Date time lat long Io Imax sites ref Earthquake Location
0701 -- -- -- -- -- 37.58 12.83 0.0 8.5 0 2 Selinunte (TP)


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The Catalogue of Strong Italian Earthquakes describes this earthquake sequence
(under the following heading:
Date time lat long Io Imax sites ref Earthquake Location
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PFG = Catalogo dei terremoti italiani dall anno 1000 al 1980, PFG/CNR
ING = Catalogo dei terremoti italiani dal 1456 a.C. al 1980, ING

State of earthquakes review

Questo terremoto è sconosciuto sia al Catalogo PFG (1985) sia ai cataloghi sismici in uso. L’esistenza di questo terremoto è stata ipotizzata su basi esclusivamente archeologiche. Il testo di riferimento è lo studio di Guidoboni et al. (2002) (1). Questa scheda è tratta da Guidoboni (2007), che deriva dallo studio precedente (2).
La ricerca di indicatori sismici a Selinunte ha richiesto analisi ed elaborazioni piuttosto lunghe, dovute alla straordinaria ricchezza di materiali prodotti in quasi due secoli dalla letteratura archeologica.
Con il toponimo Selinunte si identifica oggi il sito della colonia greca di "Selinus", situato nella Sicilia sud-occidentale, nel comune di Castelvetrano (provincia di Trapani). Dal 1981 l’area è un parco archeologico, il più grande del Mediterraneo (270 ettari), il primo realizzato in Italia con l’intento di preservare un’area archeologica dall’aggressione della speculazione edilizia.
La città antica insiste su una serie di basse dorsali comprese tra i fiumi Cottone e Modione (l’antico Selino), le cui foci fungevano da porti naturali. Morfologicamente il sito è costituito da un altopiano calcareo che si protende verso il mare con l’acropoli, e si prolunga nell’entroterra con la collina settentrionale di Manuzza. A est della valle del Cottone vi è la piattaforma calcarenitica della collina orientale. Circa 1 km a ovest dall’insediamento urbano, al limite fra la pianura alluvionale del Modione e una dorsale dunosa di formazione eolica, vi è la collina di sabbia della Gaggera, che domina la zona acquitrinosa della foce fluviale.
Il perimetro urbano è delimitato da una cintura di templi e santuari, tradizionalmente denominati dagli archeologi con lettere alfabetiche o con i nomi delle divinità a cui questi templi erano dedicati. L’estensione della città fortificata è di circa 135 ettari.
Prima della ricerca di Guidoboni et al. (2002) (3) convivevano diverse teorie sulla causa dei crolli dei templi dell’area archeologica di Selinunte. Da un lato quella sismica, vaga e tutta da dimostrare, e dall’altro quella di tipo antropico, che sosteneva che le distruzioni erano state causate da eventi bellici con l’intervento di elefanti. Nell’ambito di quest’ultima teoria, va ricordato che dalla fine del Settecento, e fino al Novecento inoltrato, la distruzione dei templi è stata attribuita ai Cartaginesi di Annibale (sovrano di Cartagine dal 440 al 406 a.C.; da non confondere con il più famoso condottiero cartaginese della seconda guerra punica), durante l’assedio e il sacco della città, avvenuto nel 409 a.C.
Dopo aver escluso le cause belliche, l’analisi archeologica si è focalizzata sull’ipotesi sismica.
L’ipotesi sismica è stata articolata seguendo due direttrici:
1) messa a punto degli indicatori sismici da poter eventualmente riconoscere in situ;
2) analisi critica di tutta la letteratura archeologica disponibile su Selinunte, a partire dai primi rapporti del Settecento.
Riguardo agli indicatori sismici, va ricordato che le tracce di terremoti distruttivi nei siti archeologici sono in genere un elemento "perturbativo" della stratigrafia, e possono determinare: (i) formazione di depositi contenenti materiali in giacitura secondaria; (ii) movimenti orizzontali o verticali dei reperti nella stratificazione archeologica; (iii) creazione di possibili false associazioni cronologiche e funzionali nei materiali contenuti nei depositi.
Questi sono effetti importanti in ambito archeologico, che solo un’attenta lettura stratigrafica può rilevare. Tali evidenze – quando non diagnosticate e opportunamente collocate nella sequenza stratigrafica – possono sviare la fase interpretativa della sequenza.
L’esame analitico delle evidenze sismiche di Selinunte è stato complesso e ha richiesto una notevole dose di puntiglio, per la necessità di recuperare, attraverso una documentazione di scavo "datata" (pochi sono infatti i lavori pubblicati negli ultimi dieci anni, rispetto alla letteratura precedente) gli elementi di "storia del deposito archeologico" che costituiscono un punto imprescindibile dell’archeosismologia, ma trascurati dagli archeologi fino a qualche decennio fa.
A Selinunte, a monte degli scavi ci sono state tantissime "azioni" che possono essere definite di disturbo e di destrutturazione dei depositi e delle strutture architettoniche, azioni che hanno implicato anche il riutilizzo di materiale architettonico antico e la dislocazione dei resti crollati. La storia di questa fase a Selinunte ebbe inizio presto, negli immediati periodi di rioccupazione post-antica del sito, e sono perdurate dal periodo bizantino (dal VI al IX secolo circa d.C.) fino al pieno e basso medioevo (XIV secolo compreso). Tali interventi di manomissione sono localizzati ragionevolmente nei punti dove si riscontra la rioccupazione del sito, cioè sull’intera acropoli, mentre le colline di Manuzza, Gaggera e l’area orientale sono apparse, sotto questo punto di vista, meno intaccate.
Un’analoga azione di disturbo è stata causata dal lungo sfruttamento agricolo dell’area: l’impatto di attività agricole è ovviamente ininfluente in rapporto alla giacitura dei grandi resti architettonici, ma costituisce un fenomeno rilevante rispetto ai depositi di terreno, che risultano pertanto rimescolati, con conseguenti difficoltà di interpretazione e di inquadramento cronologico, soprattutto per le fasi più recenti. Inoltre a Selinunte vi è sempre stato un intenso uso delle rovine come cava, per il recupero di pietra da costruzione (interventi documentati con certezza nei templi E, F e M).
Infine, le attività di scavo, recupero, indagine archeologica, rilievo architettonico e topografico e anastilosi dei templi (ossia la loro ricostruzione parziale) hanno influenzato notevolmente la giacitura dei colossali resti architettonici, causando anche la dislocazione di parti architettoniche, nonché l’asportazione dei depositi di interro. Ne consegue che, secondo la moderna concezione dell’archeologia definita "processuale", il sito stesso di Selinunte è da "interpretare" nel senso di un continuum stratigrafico, soggetto all’interazione di fenomeni naturali e antropici di degrado, crescita, asportazione e dislocazione di record archeologico. I vecchi scavi, proprio perché vecchi e anteriori alla formalizzazione del metodo di scavo stratigrafico, hanno presentano problemi che possono essere sintetizzati in questi punti:
1) scarsa attenzione alle fasi tarde;
2) preferenza per le fasi classiche e per le strutture dotate di maggiore pregio artistico;
3) problemi di identificazione di rapporti di anteriorità e posteriorità fra strutture e piani d’uso, con conseguenti problemi di riconoscimento delle fasi fra strutture e depositi;
4) difficoltà di analisi delle tecniche edilizie;
5) difficoltà nella definizione di una cronologia assoluta.
Dal quadro archeologico analizzato sono emerse considerazioni più generali sulle visibilità delle tracce di forti terremoti pur in situazioni complesse.
Le evidenze sismiche riscontrate interessano alcuni tra i settori principali del sito archeologico, vale a dire il quartiere sacro dell’acropoli con i templi C, D, A e O, la collina orientale con i templi E, F e G, la collina della Gaggera con il tempio M e l’"Heraion" di Triolo Nord.
L’analisi dettagliata dei crolli ha consentito di individuare nei diversi edifici assetti ricorrenti nelle giaciture degli elementi architettonici – e in particolare dei peristili (colonnati coperti che circondavano i templi). Tali giaciture presentano variazioni occasionali, riconducibili alla tipologia delle coperture, alla struttura generale dei templi e alle loro condizioni statiche al momento dell’input sismico. Accanto a direzioni quasi regolari di caduta di colonne angolari, è stata rilevata la "torsione" del colossale tempio G. Le dinamiche dei crolli sono strettamente connesse alla tecnica edilizia, al tipo di fondazioni, alla natura degli strati basali, alla dimensione dell’alzato, alla struttura dei colonnati, al volume e al peso degli edifici, oltre che, ovviamente, alla grandezza dell’evento sismico e alla distanza dalla sorgente. Si è osservato che gli edifici, compatibilmente con la varietà delle dimensioni architettoniche, hanno risposto a una sollecitazione del terreno che causò la caduta verso nord e verso est. È importante sottolineare come tali modalità siano state riscontrate all’interno di due eventi sismici diversi e a distanza di molti secoli l’uno dall’altro.
La determinazione della cronologia degli eventi è risultata davvero ardua. La principale causa di tale incertezza, come si è accennato, sta nella natura delle fasi post-classiche – che risultano topograficamente discontinue, povere di materiali, di difficile identificazione, correlazione e inquadramento.

Note

(1)
Guidoboni E., Muggia A., Marconi C. e Boschi E.
A case study in archaeoseismology. The collapses of the Selinunte temples (southwestern Sicily): two earthquakes identified, in "Bulletin of the Seismological Society of America", vol.92, pp.2961-2982.
El Cerrito 2002
(2)
Guidoboni E.
Archeologia e terremoti: il caso dei grandi templi di Selinunte (Sicilia), in "Geoitalia", n.20.
Udine 2007
(3)
Guidoboni E., Muggia A., Marconi C. e Boschi E.
A case study in archaeoseismology. The collapses of the Selinunte temples (southwestern Sicily): two earthquakes identified, in "Bulletin of the Seismological Society of America", vol.92, pp.2961-2982.
El Cerrito 2002

Major earthquake effects

Sulla base di dati archeologici, è stato ipotizzato che, in un periodo non precisabile, probabilmente compreso fra l’VIII e il XII secolo d.C., un forte terremoto abbia colpito l’area dell’antica colonia greca di "Selinus", che sorgeva nell’odierno sito archeologico di Selinunte, situato nella Sicilia sud-occidentale, nel comune di Castelvetrano (provincia di Trapani).
Questo terremoto, avvenuto in una fase di lungo abbandono e depredazione del sito, ebbe un effetto devastante: furono rovesciati in direzione nord ed est templi di dimensioni, alzato e volume considerevole, e fu quasi accartocciato su se stesso il grande tempio G, dalle spettacolari dimensioni.
I templi per i quali sono stati individuati dei crolli attribuibili a questo evento sismico sono i seguenti: i templi C e D, i templi A e O, in particolare il lato nord del tempio A (situati presso la fortezza bizantina) – questi quattro templi si trovano sull’acropoli – il tempio G sulla collina orientale, il tempio M situato sulla collina della Gaggera; possibili evidenze di difficile valutazione provengono anche dal tempio di Demetra e dal "témenos" di Zeus Meilichios, entrambi sulla collina della Gaggera.

Bibliography

Author Title Text Value Text Date Place of publ.
Guidoboni E.Archeologia e terremoti: il caso dei grandi templi di Selinunte (Sicilia), in "Geoitalia", n.20.Scientific bibliography2007Udine
Guidoboni E., Muggia A., Marconi C. e Boschi E.A case study in archaeoseismology. The collapses of the Selinunte temples (southwestern Sicily): two earthquakes identified, in "Bulletin of the Seismological Society of America", vol.92, pp.2961-2982.Scientific bibliography2002El Cerrito

Felt Localities (1)

Locality Province Lat Lon Intensity
Selinunte (Selinus)TP37.583312.8247VIII-IX

Dall’analisi dei dati archeologici riguardanti il sito, non privi di elementi discordanti, è emersa una forte ipotesi una forte ipotesi per un evento sismico accaduto in un periodo non precisabile, probabilmente compreso fra l’VIII e il XII secolo d.C. Questo terremoto, avvenuto in una fase di lungo abbandono e depredazione del sito, ebbe un effetto devastante: furono rovesciati in direzione nord ed est templi di dimensioni, alzato e volume considerevole, e fu quasi accartocciato su se stesso il grande tempio G, dalle spettacolari dimensioni.
Di questo evento sismico è possibile recuperare evidenza presso i templi C e D, presso la fortezza bizantina (templi A e O, in particolare il lato nord del tempio A) – tutti situati sull’acropoli – presso il tempio G sulla collina orientale, presso il tempio M sulla collina della Gaggera; possibili evidenze di difficile valutazione provengono anche dal tempio di Demetra e dal "témenos" di Zeus Meilichios, entrambi sulla collina della Gaggera. L’indeterminatezza dei dati, ma insieme l’omogeneità delle fasi di frequentazione post-classica (attestate concordemente dagli studiosi dell’Ottocento e degli inizi del Novecento), oltre che una certa uniformità delle modalità di caduta inducono a considerare queste evidenze come esito di un unico evento sismico (1).

(1)
Guidoboni E., Muggia A., Marconi C. e Boschi E.
A case study in archaeoseismology. The collapses of the Selinunte temples (southwestern Sicily): two earthquakes identified, in "Bulletin of the Seismological Society of America", vol.92, pp.2961-2982.
El Cerrito 2002
Guidoboni E.
Archeologia e terremoti: il caso dei grandi templi di Selinunte (Sicilia), in "Geoitalia", n.20.
Udine 2007